Quando lo Stato uccide: il libro presentato a Salerno
“La
parola di chi indossa la divisa vale sempre doppio”: questa l’amara sentenza di
Tommaso Della Longa, giornalista e coautore, assieme alla collega Alessia Lai,
del libro “Quando lo Stato uccide”, presentato venerdì sera da CasaPound al
Gate39, nuovo luogo di ritrovo del tifo salernitano, gestito dallo storico
leader della Curva Sud, allora granata, Ciccio Rocco, assieme ad alcuni amici.
I
due autori, entrambi con passato (e presente, perché “ultras lo si è a vita”,
dice la Lai) di ‘militanza’ nel mondo del tifo organizzato, rispettivamente
nelle curve di Roma e Cagliari, hanno passato alcuni mesi sfogliando le
edizioni digitali dei giornali di tutta Italia alla ricerca delle storie, più o
meno conosciute, in cui gli uomini delle forze dell’ordine non hanno recitato
affatto il ruolo dei buoni, tra omicidi, insabbiamenti, omertà e ostracismo nei
confronti delle famiglie delle vittime, comportamenti che andrebbero condannati
in maniera ancora più forte quando compiuti dai rappresentanti dello
Stato. Il tutto in una città particolare, Salerno, che è stata la prima
ad aver pianto un suo concittadino, nel lontano 1963, morto per un ‘proiettile
vagante’ esploso dall’arma di un uomo delle forze dell’ordine. Il processo per
Giuseppe Plaitano non è mai iniziato, tra istituzioni omertose e carte
magicamente sparite in mano degli avvocati. Cinquant’anni dopo la musica non è
cambiata, con situazioni analoghe in occasione di tutti e quattro i casi
principali raccontati nel libro, quelli di Carlo Giuliani, Gabriele Sandri,
Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi. “In tutti i casi- commenta Della Longa-
c’è stato tentativo di screditare le vittime, ad esempio dipingendole come drogati,
alcolizzati o ultras, come se questo potesse giustificare la loro morte, ed
allo stesso tempo scarsa volontà dei magistrati di indagare sulle vicende. Solo
la grande forza di volontà delle famiglie delle vittime”, che hanno trovato la
forza di lottare contro l’indifferenza, se non contro l’ostracismo, delle
istituzioni, unite alla possibilità dei nuovi mezzi di comunicazione, “ha
permesso di arrivare a sentenze storiche, che speriamo possano fare
giurisprudenza, come quella di Gabriele Sandri. In quel caso le parole della
pubblica accusa furono pesantissime: ‘se fosse stato un ultras od un cittadino
normale ad aver sparato ad un poliziotto,la sentenza sarebbe arrivata in 3
minuti, invece per il caso opposto ci sono voluti 3 anni’ “. Al di là delle morti
‘da stadio’, la sensazione è che il motto utilizzato più di venti anni fa nelle
curve, “Oggi agli ultrà, domani a tutta la città”, si sia purtroppo realizzato.
“Gli stadi si dimostrano i laboratori di repressione per eccellenza- è il
parere di Alessia Lai- ed alcuni mezzi giuridici- come la flagranza differita-
una contraddizione logica- vorrebbero essere esportate anche fuori
dall’ambiente degli stadi”. Dopo gli scontri di piazza a Roma dello scorso anno
e di due anni fa infatti l’allora ministro degli Interni Maroni propose di
estendere il D.a.spo., il divieto di accesso alle manifestazioni sportive che
in teoria dovrebbe essere utilizzato per combattere i violenti negli stadi, ma
in pratica è uno strumento di polizia che viene utilizzato per estirpare alla
radice lo scomodo movimento ultras, anche alle manifestazioni politiche (il
cosiddetto D.a.ma.). Analogo anche l’atteggiamento del nuovo governo tecnico
nei confronti dei manifestanti ‘NoTav’. “Altra nostra peculiarità giuridica-
conclude Della Longa- è l’assenza nell’ordinamento nostrano del reato di
tortura, che non può essere così utilizzato, per esempio, nei confronti dei
macellai della Diaz”. Alla fine l’autore coglie l’occasione per invitare
tutti a vedere il film di recente uscita sui fattacci di Genova: “Mandateci
soprattutto le vostre mamme, fidanzate e nonne, non chi la pensa come voi”,
dice l’autore al pubblico.
Emanuele
de Vito
Fonte:
Roma Cronaca di Salerno e provincia
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